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Byblis

BYBLIS

Scheda di Coltivazione

 

Fiore di Byblis gigantea

 

Le specie del genere byblis sono: B. gigantea, B. liniflora, B. filifolia, B. acquatica, B. rorida, B. guehoi, B. lamellata. Di queste specie, solo B. giganta e B. lamellata sono perenni, tutte le altre sono annuali.

Queste piante sono originarie dell’Australia e della Nuova Guinea e sono anche chiamate “Piante Arcobaleno” a causa dell’effetto che causa la luce rifrangendosi sulle fittissime gocce di colla che ricoprono interamente queste piante.

Le più diffuse in coltivazione sono B. gigantea, B. liniflora e B. filifolia: la prima pianta è perenne mentre le ultime due sono annuali e quindi è necessario raccogliere i semi ogni anno in autunno e riseminarle in primavera.

 

VASI

I vasi migliori sono in plastica, dal diametro di almeno 12 cm. Anche i vasi in cotto vanno bene ma devono essere acquistati nuovi poichè trattengono le impurità e microrganismi potenzialmente dannosi. E’ preferibile alloggiare una sola pianta per ogni vaso. I vasi devono essere molto alti perchè le radici di queste piante sono lunghe e tendono a rarggiungere in fretta il fondo e a fuoriuscire.

 

SUBSTRATO

Il substrato classico per Byblis è di torba, sabbia di quarzo e perlite in proporzioni uguali 1:1:1

La torba deve avere dei valori precisi:

PH: inferiore a 5

Materia organica: superiore a 90%

azoto: inferiore a 1%

In mancanza di perlite si possono mettere due parti di sabbia di quarzo e torba. Il ghiaino è sconsigliato perchè è a grani troppo grossi e appesantisce troppo il substrato. Un pizzico di vermiculite fa solo bene.

 

 

ACQUA

L'acqua deve avere un residuo fisso inferiore 50. Va bene l'acqua demineralizzata, l'acqua da osmosi inversa (acquistabile nei negozi di acquari), l'acqua piovana o anche l'acqua oligominerale. Anche l'acqua dei deumidificatori può andare bene ma prima bisogna accertarsi che dalle linguette di condensazione non vengano rilasciati pericolosi sali di metalli.

Le byblis vanno coltivate con uno o due centimetri di acqua nel sottovaso, l’acqua va rabboccata solamente quando il sottovaso è completamente asciutto. In inverno l'apporto idrico va ridotto, ma il substrato non va mai lasciato seccare completamente.

 

RINVASO

Il genere Byblis non ama il rinvasi, è quindi consigliabile rinvasare solamente quando le radici tendono a fuoriuscire dal fondo del vaso, e il trapianto va effettuato mantenendo sempre integro il vecchio panetto di terra. Le radici di Byblis sono molto fragili!

 

 

TEMPERATURE

B. gigantea è una pianta che vive in un clima mediterraneo, le temperature ideali sono dunque comprese tra i 10 e i 30 gradi. Le byblis annuali invece si seminano in primavera all’esterno oppure in terrario in qualsiasi stagione.

 

LUCE

Byblis ama il pieno sole o un terrario molto ben illuminato.

 

RIPRODUZIONE

La riproduzione avviene soltanto tramite semina. I semi di Byblis annuali germinano senza particolari difficoltà sullo stesso substrato usato per le piante adulte, mentre i semi di B. gigantea hanno bisogno di trattamenti particolari per poter germinare: in natura i semi nascono solo dopo che un incendio ha distrutto la vegetazione circostante. In coltivazione si può simulare un incendio bruciando qualche filo di paglia sulla superficie in cui si ha appena seminato. Alcuni ritengono che sia sufficiente mettere a bagno i semi in acqua distillata per 24-72 ore. Il metodo più sicuro è lasciare i semi a bagno in una soluzione di acido gibberellico all’uno per mille per 24-48 ore.

Impollinazione di B. gigantea: la polvere gialla sul motore è polline
 

Anche l’impollinazione di queste piante non è semplice: B. liniflora si impollina senza problemi come una normale drosera, strofinando tra loro due fiori. B. gigantea e B. filifolia invece in natura liberano il polline solo in presenza delle vibrazioni prodotte dalle ali di alcuni insetti. In coltivazione si può simulare questa condizione facendo vibrare un diapason, una pinzetta, una linguetta di rame o qualunque oggetto che produca quel tipo di vibrazione. Una volta che il polline sarà rilasciato, si raccoglie con un pennellino o uno stuzzicadenti e si procede all’impollinazione.

B. gigantea non è autoimpollinante nè autofertile e quindi bisogna incrociare tra loro due piante geneticamente diverse per poter ottenere dei semi. Spesso scambiare polline tramite internet è l'unico modo per ottenere dei semi da queste piante.

Il sistema che uso io è un po' particolare: utilizzo un motorino elettrico appoggiato al bordo di un contenitore, il quale è a sua volta appoggiato alle antere del fiore. Azionando il motorino elettrico, le vibrazioni veranno trasmesse al fiore attraverso il contenitore in plastica: le antere rilasceranno il polline che cadrà direttamente nel contenitore. Per la spedizione di polline il materiale migliore è la carta da forno poichè permette una adeguata traspirazione e l'eventuale umidità non fa ammuffire il polline.

 

 

 

 

Pinguicula

PINGUICULE TEMPERATE

Scheda di Coltivazione

 

Pinguicula alpina in natura

 

Le pinguicule temperate sono piante a rosetta, con foglie ricoperte da una miriade di peli microscopici e appena visibili ad occhio nudo, i quali secernono un liquido colloso. Queste ghiandole ricoporno interamente la foglia, sulla pagina superiore, e in alcune specie anche nella pagina inferiore. Quando i piccoli insetti si posano sulle foglie rimangono invischiati inesorabilmente ad esse. Non fatevi ingannare dal loro aspetto non proprio carnivoro come può essere quello delle Dionee perchè le pinguicule fanno una strage di piccole prede, per lo più moscerini e zanzare ma occasionalmente anche piccole mosche e farfalline.

Queste pinguicule vivono nei climi temperati, con alternanza di stagione calda e stagione fredda. In estate vegetano, mentre in inverno si rifugiano all'interno di un ibernacolo duro, a forma di gemma, resistente al freddo e alla siccità che provoca: l'acqua infatti non è assimilabile dalle piante quando è ghiacciata. Durante la stagione vegetativa invece l'acqua è indispensabile. 

Parete rocciosa ricca di acqua in cui vive P. alpina

In natura la maggior parte delle specie di Pinguicula vivono aggrappate alle pareti di roccia calcarea, da cui fuoriesce un continuo stillicidio di acqua fresca. Altre specie invece, come P. vulgaris, vivono in torbiere acide ricche di sfagno, in compagnia delle drosere.

In primavera, con l'arrivo delle temperature più miti, producono bellissimi fiori simili violette che spuntano abbondantemente e se impollinati produrranno una miriade di minuscoli semi che si possono raccogliere e seminare subito.

Le pinguicule temperate sono presenti in un gran numero di specie e si dividono principalmente in quelle dell'Europa settentrionale, centrale e in quelle del Nord America.

Le pinguicule dell'Europa meridionale vivono sempre su rocce calcaree, ma con temperature invernali più miti e prossime allo zero, e quindi non formano ibernacoli invernali. Appartiene a questa categoria la bellissima P.crystallina ssp. hitiflora che oltre a vivere in Grecia e in Albania, vive anche sulle montagne italiane in prossimità di Rossano Calabro e Amalfi, dove è presente una popolazione su una roccia che sovrasta una spiaggia, a due passi dal mare.

Sempre temperate sono le nordamericane che vivono in località dal terreno acido e dall'inverno secco e abbastanza mite, anch'esse non formano ibernacolo, appartengono a questo gruppo la P.primuliflora, P.jonantha, P.planifolia e la P.lutea dai bellissimi fiori gialli.

 

Torbiera acida con sfagno in cui vivono P. vulgaris e D. rotundifolia
 

VASI

Si possono usare ogni tipo di vaso, sia quelli in plastica del diametro di almeno 10 cm, alle ciotoline in terracotta che sono ideali per ricreare piccole popolazioni e lasciano traspirare il substrato. Se si ha a disposizione una bella roccia calcarea e porosa si può fissarla in una ciotola e dopo avere messo una piccola quantità di torba nelle sue cavità si può mettere a dimora piantine di Pinguiucla o semi, quando queste cresceranno si aggrapperanno con le radici formnado una suggestiva parete rocciosa, simile a quelle presenti in natura.

P. vallisneriifolia coltivata su una roccia calcarea

 

 SUBSTRATO

Per le più comuni pinguicule temperate Europee reperibili in commercio, ad eccezione della P.vulgaris, si usa un substrato calcareo molto drenante, non si può coltivarle in sola torba a causa della sua acidità e della sua predisposizione a trattenere acqua con un conseguente marciume delle radici. Un buon mix di coltivazione per queste piante è formato da 1/5 di torba, 1/5 di perlite, 1/5 di vermiculite, 1/5 di ghiaino calcareo e 1/5 di sabbia calcarea, gli ultimi due componenti si trovano molto facilmente nelle rivendite di materiali per l'edilizia.

Per P.vulgaris e le Pinguicule Nord Americane si usa un normale substrato acido, formato da 1/2 di torba e 1/2 di sabbia silicea o perlite.

 

ACQUA

Per le Pinguicule che abbisognano di terreno calcareo si può benissimo usare acqua del rubinetto lasciata decantare 24 ore in un secchio per eliminarne il cloro; per quelle che vivono su terreno acido, invece si usa la classica acqua demineralizzata o piovana. In primavera e estate si mantiene qualche centimetro di acqua nel sottovaso ma si lascia asciugare tra un rabbocco e l'altro; invece con l'arrivo dell'inverno si toglie l'acqua e si tiene solo umido il substrato per evitare marciumi

Per le pinguicule Nord Americane si tiene invece il substrato più secco in questo periodo.

 

RINVASO

Si rinvasano raramente le Pinguicule a terreno calcareo, visto il substrato molto poco organico, mentre quelle a terreno acido si rinvasano di norma dopo un paio di anni quando la torba tende a marcire. 

 

TEMPERATURE

Per quanto riguarda le pinguicule Nord Europee le temperature ideali vanno da parecchi gradi sotto zero in inverno a temperature più miti ma sempre fresche in estate. La difficoltà nel coltivare queste piante sta proprio in questo: se le estati sono eccessivamente calde le pinguicule deperiscono e si chiudono in un ibernacolo, per riaprirsi alla fine estate e richiudersi nuovamente in inverno. Questo comportamento può causare grossi danni alla pianta, poichè non è in grado di riprendere vigore tra un riposo e l'altro. 

Le Pinguicule del Sud Europa invece sono più tolleranti al calore, le temperature ideali sono prossime allo zero in inverno e calde in estate. Queste temperature sono adatte anche alle pinguicule del Nord America.

 

Ibernacoli di P. vallisneriifolia in fase di risveglio

 

LUCE

In natura le Pinguicule vivono da posizioni molto soleggiate, o al limite ombreggiate ma sempre con molta luce. Il problema della coltivazione è che ricreare le condizioni climatiche montane non è semplice: d'estate, pur vivendo sotto il sole cocente, la temperatura è mitigata dall'aria fresca e le radici sono ben raffreddate dagli stillicidi di acqua gelida che fuoriesce dalla roccia. In coltivazione invece il sole scalda molto, e l'acqua bollente che ristagna nel sottovaso non aiuta.

Per tentare di far fronte a questo problema, le pinguicule si tengono alla luce diretta del sole in autunno-inverno, mentre in primavera-estate si ombreggiano o si spostano in posizioni meno soleggiate e più fresche, quali possono essere quelle a Nord, con solo qualche ora di sole diretto.

Se si è appassionati di fai-da-te, il sistema migliore e più spettacolare per coltivare pinguicule temperate europee è di costruire in giardino una fontana con dei sassi calcarei (facilmente reperibili nei vivai) su cui disporre le pinguicule. L'acqua estratta dal sottosuolo sarà sempre fresca e le pinguicule cresceranno in un ambiente simile a quello naturale.

 

Ovario maturo di Pinguicula

 

RIPRODUZIONE

Le pinguicule temperate si possono riprodurre con vari metodi. Si possono semplicemente seminare, la semina va fatta in qualsiasi periodo, l'unica cosa importante è che i semi siano freschi: infatti i semi di pinguicula non vanno stratificati. Inoltre hanno una vitalità molto limitata e più tempo si aspetta a seminare e minore sarà la percentuale di semi ancora vivi. E' quindi importante seminare subito, non appena gli ovari risulteranno maturi, sullo stesso substrato della pianta adulta, anche su roccia calcarea pura (se è sufficientemente porosa da trattenere i semi). Se si preferisce avere una maggior sterilità del substrato, la vermiculite pura è ciò che fa per voi.

Si possono dividere anche per talea fogliare: durante il periodo primaverile-estivo si strappa una foglia alla base della pianta, in modo che vi sia anche un po' di tessuto bianco del rizoma, e si adagia su sfagno per i tipi che vivono su terreno acido, oppure su vermiculite fradicia per le altre, dopo qualche settimana spuntano le nuove piantine. Per una spiegazione più dettagliata vedere la sezione sulle pinguicule messicane.

Infine, le pinguicule che formano ibernacoli invernali di solito formano anche delle piccole gemme in questo periodo, e non si deve fare altro che staccarle e adagiarle sul sub-strato nel nuovo vaso.

Alcune specie producono stoloni primaverili, dai quali si formano nuove piantine che possono essere divise quando avranno sviluppato un apparato radicale proprio

P. vallisneriifolia: sono visibili due stoloni alla base della pianta.

 


 

PINGUICULE MESSICANE

Scheda di Coltivazione

 

Pinguicula hemiepiphytica

 

Le pinguicule messicane sono delle piante carnivore a rosetta originarie dell’America Centrale. Vivono nella maggior parte dei casi in terreni calcarei o addirittura aggrappate a pareti rocciose verticali, dalle quali sgorga acqua fresca per tutto il periodo estivo. Il loro aspetto non è molto carnivoro ma le foglie sono ricoperte di un sottile velo di colla prodotto da ghiandole simili a quelle della drosera ma molto più piccole. La preda principale delle pinguicule sono moscerini e zanzare e ma se le dimensioni della pianta lo permettono, non disdegnano falene e mosche. Producono dei fiori molto belli, simili a violette e la fioritura è abbondante soprattutto durante il periodo invernale.

Ciò che distingue le pinguicule messicane dalle temperate, è che le prime non producono un ibernacolo in inverno. Infatti nei luoghi dove vivono vi è una estate calda e piovosa ed un inverno mite ma molto arido. Durante la stagione calda le piante vegetano, formando foglie carnivore, molto grandi e carnose. Durante la stagione arida le piante assumono l'aspetto di una pianta grassa: smettono di produrre colla, le foglie diventano piccolissime e spesse, trasformandosi in una riserva d'acqua.

 


P. cyclosecta, forma invernale

 

VASI

Qualunque vaso va bene, se si possiede una roccia calcarea molto porosa si può addirittura piantarla in una delle sue cavità, purchè venga prima riempita con un po’ di substrato.

 

SUBSTRATO

Le pinguicule messicane amano terreni calcarei e molto minerali. La sola torba non è adatta perchè tende a provocare marciumi a causa dell’eccessivo assorbimento dell’acqua e alla sua acidità poco gradita da queste piante.

Il substrato classico è composto dal 20% di torba, 40% di perlite e 40% di vermiculite. E’ importante che sia molto drenante e che l’acqua scenda in fretta quando viene versata dall’alto.

Altri materiali che si possono aggiungere al substrato sono sabbia o ghiaino calcarei, pomice, mica.

P. debbertiana in fase vegetativa estiva

 

ACQUA

Può essere usata tranquillamente l’acqua del rubinetto. In estate le piante vanno tenute in sottovasi con almeno 2 cm di acqua. Non è necessario che i sottovasi siano sempre pieni, ma si può aspettare che l’acqua evapori interamente dal sottovaso prima di rabboccare, a patto che il substrato rimanga sempre umido. In inverno, quando le temperature scendono e le giornate si accorciano, si inizia a ridurre un poco alla volta l’apporto idrico. La pianta inizia a produrre le foglie invernali che si riconoscono per il loro aspetto “da pianta grassa”. Sono foglie più piccole e spesse di quelle estive, non hanno colla e quindi non sono carnivore. Quando la pianta inizia a produrre queste foglie, si può lasciare asciugare completamente il vaso e il substrato, e si inizia a trattare queste piante come delle comuni succulente.

Una volta ritornata la primavera, con l’innalzarsi delle temperature, si riprende con le innaffiature e la pianta ricomincia un po’ alla volta a produrre le sue foglie grandi e collose.

E' preferibile non lasciare mai le piante alla pioggia perchè le rende più suscettibili a malattie fungine.

 

RINVASO

Il rinvaso non è necessario per queste piante a meno che non vi siano parassiti o si debba mettere la pianta in un vaso più spazioso. E' preferibile rinvasare in inverno, quando la pianta rinnova le proprie radici

P. debbertiana, in riposo invernale. Da notare le nuove radici in formazione

 

TEMPERATURE

Le temperature ideali sono comprese tra i 30 gradi estivi e i 5 di minima invernale. Queste piante non resistono alle gelate.

 

LUCE

Le pinguicule non amano il sole diretto in estate ma vanno tenute ugualmente in un luogo molto luminoso. Possono invece gradire il debole sole invernale, o comunque il sole filtrato di mezza stagione per le prime due o tre ore del mattino.

Il sole estivo può essere filtrato da un paio di strati di tessuto-non-tessuto.

 

RIPRODUZIONE

La riproduzione è molto semplice e può avvenire in vari modi.

La talea fogliare è la tecnica più rapida e semplice. Per avere risultati migliori è preferibile usare le piccole foglie grasse invernali, che contengono più scorte di nutrienti e permettono alle piantine di esere vigorose e numerose. Sarà sufficiente strappare una fogliolina dalla base, spesso le foglie si staccano da sole quando si manipolano queste piante. Una volta ottenute le foglie, basterà adagiarle su vermiculite fradicia, o in mancanza andrà bene anche sfagno o torba, ma in realtà va bene qualsiasi tipo di substrato che assorba umidità. L'unica cosa da tenere in considerazione è che queste piante vivono meglio in terreni non troppo acidi, e una talea cresciuta in un terreno acido dovrà poi essere acclimatata per vivere su un substrato appropriato. La parte della foglia vicina al rizoma andrà interrara leggermente nel substrato (un paio di millimetri) mantre la lamina fogliare dovrà essere ben esposta alla luce. Andrà mantenuta una elevata umidità finchè non spunteranno le nuove piantine.


Talea di pinguicula: molte piantine stanno spuntando

 

Un altro metodo è la divisione della pianta stessa: le pinguicule messicane infatti tendono a sdoppiarsi anche più volte in inverno, anzi, alcune specie come P. jaumavensis devono essere divise perchè altrimenti formerebbero dei grovigli di piante talmente strette tra loro che alcune potrebbero non riuscire più a raggiungere l'acqua o la luce.

La semina su vermiculite fradicia è altrettanto facile, ma i semi devono essere freschi: più tempo passa tra la raccolta e la semina e minore sarà la loro germinabilità. 

 

 

 

 

Cephalotus

 

Cephalotus follicularis

Scheda di Coltivazione

Foto e testo a cura  di Alvise

 

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Classe: Magnoliatae

Ordine: Saxifrage

Famiglia: Cephalotaceae

Genere: Cephalotus

Specie: follicularis

 

Il Cephalotus follicularis si presenta come una pianta molto particolare, essendo infatti una delle pochissime piante (se non l’unica) a produrre due tipi distinti di foglie: carnivore e non carnivore. Le foglie non carnivore svolgono principalmente la funzione di fotosintesi riuscendo spesso a compensare la mancanza momentanea di ascidi attivi, soprattutto in giovane età. Gli ascidi, si presentano invece con una struttura molto complessa, la struttura generale è a sacco, con un opercolo apicale, che viene chiuso nelle giornate più calde per evitare l’evaporazione del liquido digestivo.

Il bordo all’entrata dell’ascidio è formato da una serie di lamelle, simili a denti che non permettono la presa alle zampe degli insetti, funzionando come una sorta di scivolo, e facendo così precipitare il malcapitato insetto, attirato dagli ormoni e dal polline secreti dalle ghiandole poste sulle lamelle anteriori dell’ascidio e sotto l’opercolo apicale, nella parte interna dell’ascidio dove alloggiano i succhi gastrici. La fuga è resa impossibile dalla struttura interna a imbuto dell’ascidio.

Particolarità di questa pianta è quella di riuscire a produrre foglie morfologicamente intermedie tra quelle carnivore e quelle non, oltretutto si possono notare a volte dimorfismi negli ascidi atti ad un miglior adattamento alla struttura del terreno e alla struttura globale della pianta.

 

 


Distribuzione e clima

Pianta particolare originaria del Sud ovest dell’Australia, in particolar modo la distribuzione maggiore della pianta si ha nella striscia di 400 km che tocca le zone di Yallingup, Cheyne Beach e Angusta.
Nonostante tutto la pianta si può trovare anche in parte dell’entroterra, dove cambia in modo significativo il modo di radicare nel terreno, che a differenza della zona costiera si fa più compatto, ma di questo ci occuperemo dopo.

Il clima di origine si avvicina molto al clima mediterraneo, con un estate secca le cui temperature raramente superano i 25-28 gradi e con un inverno umido e rigido, che possono portare la pianta anche a dover sopportare temperature particolarmente basse.

Una nota importante va anche alle precipitazioni metereologiche, che approfondiremo più avanti, e che si rivelano fondamentali per la buona riuscita della coltivazione di questa splendida pianta.

 



Substrato

Il substrato al contrario di quanto si pensa, è una delle cose sul quale Cephalotus è forse più tollerante, originariamente infatti il terreno di provenienza, è composto da torba di sfagno, sabbia, frammenti vegetali e sabbia granitica, il quale allontanandosi dalla costa si fa più rarefatto di sabbia.

Per quanto mi riguarda ho potuto notare che Cephalotus attecchisce molto bene sia in puro sfagno, come in pura torba, purchè le condizioni di umidità, drenaggio e acidità del substrato siano ottimali, teniamo conto che un PH ottimale per la pianta dovrebbe avvicinarsi il più possibile al 4.5 senza però scendere mai al di sotto del 4 che porterebbe le radici a risentire dell’acidità eccessiva del terreno.

Un piccolo inciso va dato alla differenza di radicamento tra le specie che vivono nelle zone costiere a quelle che vivono nell’entroterra, infatti la diversa consistenza di substrato, la compattezza, e il diverso apporto sia nutritivo che idrico forniti dalla diversa composizione del terreno portano questa pianta a radicare e crescare in maniera completamente diversa nelle due zone.

Nella zona costiera infatti si potranno trovare delle enormi coperte di Cephalotus, le cui radici non si spingeranno mai per più di qualche decina di cm sotto la superficie, mentre nella parte più interna della regione, troveremo il classico “cuscino” che tutti noi siamo abituati a vedere nelle piante coltivate solitamente, con radici che in alcuni casi possono raggiungere anche i 40 cm di profondità.



Umidità e irrigazione

Tenendo conto che come detto in precedenza la pianta proviene a seconda dei casi da zone costiere, o più rientranti nell’entroterra, dovremo adattarci a quello che la pianta meglio riconoscerà come sua “necessità genetica”. Ho potuto notare infatti che i cephalotus in alcuni casi tendono ad avere reazioni diverse sia per quanto riguarda i tempi di irrigazione, sia per i tempi di esposizione al sole (vedi paragrafo successivo) e che possono essere tollerati in maniera molto diverse da un esemplare all’altro.

Tornando all’umidità consiglierei di tenere un’umidità del 70-75% per quanto riguara l’umidità relativa (nell’aria), e un 80-90% per quanto riguarda l’umidità effettiva (al suolo), che sono quelle che più si adattano alle condizioni naturali della pianta , tenendo come valori invernali un 50% nell’aria e un 80% al suolo in inverno, il che non favorirà né le gelate, ne l’eventuale formarsi di muffe e funghi se l’aerazione è buona.

Come prima accennavo un importanza notevole ce l’ha l’irrigazione, di seguito potrete trovare i valori minimi e massimi di temperatura con le relative quantità di precipitazione, e in base a questo regolarvi su quelle che sono le necessità della pianta, tenete sempre conto che i valori fanno riferimento alle zone di origine, per cui per essere validi col nostro giro di stagioni devono essere trasposti.  Ogni tanto, è consigliabile far asciugare completamente il substrato, così da permettere alla pianta di assimilare il più possibile le sostanze nutritive dal terreno. 

Mese C° min/max mm pioggia

Gennaio 15-25 25
Febbraio 14-25 20
Marzo 13-24 25-40
Aprile 12-22 50-75
Maggio 10-19 75-95
Giugno 8-17 95-100
Luglio 7-16 100-120
Agosto 7-16 110-100
Settembre 8-17 110-100
Ottobre 11-19 80-70
Novembre 13-23 65-35
Dicembre 14-24 35-20


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 Esempio di pianta assetata, si possono notare 
gli ascidi completamente chiusi

 



Illuminazione


Un'altra cosa che ha un'importanza molto marcata sulla salute di questa pianta è l’illuminazione, la quale al contrario di quello che si crede non è uguale per tutti gli esemplari.

Infatti, l’esposizione al sole può essere più o meno tollerata dalla pianta, che può arrivare addirittura ad essere intollerante per la luce diretta. Ho potuto notare infatti che alcuni esemplari preferiscono lunghe esposizioni al sole diretto, mentre altre preferiscono la penombra, o comunque della luce possibilmente filtrata da rami e/o altre piante.

Il fattore sole è inoltre importante sia per quanto riguarda la salute e la prevenzione dalle malattie fungine, ma ancora di più lo è per quanto riguarda la fotosintesi della pianta che a differenza di altre carnivore, può fare la differenza. Il cephalotus infatti, soprattutto durante l’inverno, non effettua un vero e proprio riposo, sospende la produzione di foglie carnivore, continuando però in piccola quantità a produrre foglie non carnivore. Questo dipende infatti dal fatto che la pianta nel tempo si è autoregolamentata, focalizzando il periodo di fotosintesi soprattutto durante l’inverno (scarso di insetti) e il periodo di alimentazione in estate, non è un caso che la pianta in inverno cresca solo a livello fogliare, ma non si nutra dagli ascidi.

A conferma di questo, ho provato a fare un esperimento, ho provato ad alimentare un ascidio adulti in piena estate con delle microblatte di 2 mm, le quali dopo circa 2 settimane erano state “prosciugate”, mentre facendo la stessa cosa in inverno, dopo 2 mesi le blatte erano ancora li, completamente integre, e nonostante questo, la pianta continuava a produrre foglie.

Concludendo, posso consigliare di osservare quali siano le preferenze della pianta, provando prima a mettere la pianta in penombra, e facendole progressivamente fare dei “bagni di sole” ogni qualvolta lei lo richieda, basterà vedere le reazioni della pianta in base allo stato di luce.



Fioritura

La fioritura di Cephalotus follicularis avviene nella tarda primavera/inizio estate, approssimativamente quando da noi è Aprile/Maggio, il fiore che può contenere da 6 a 10 semi, è lungo dai 10 ai 60 cm a seconda della grandezza e dell’età della pianta.

In natura la pianta produce da un minimo di 1 ad un massimo di 5 fiori, i quali possono arrestare la crescita della pianta debilitandola molto, da ricordare che in qualsiasi caso la fioritura avviene dopo circa 3 anni dalla nascita della pianta, per cui con piante che hanno ormai una certa stabilità metabolica.

In coltivazione la cosa è diversa perché i tempi di maturazione e crescita sono diversi.

Infatti l’apporto di sostanze nutritive che la pianta ha in natura la porta ad essere molto più resistente rispetto a quelle di coltivazione, che nonostante le dimensioni notevoli (10 cm di diametro) possono trovarsi in serie difficoltà se portate a fioritura senza un adeguato apporto nutritivo fornito per almeno una stagione vegetativa.

Fiori di Cephalotus

 


Propagazione

In coltivazione a differenza che in natura esistono molti metodi di propagazione più o meno efficaci col quale riuscire ad ottenere in più o meno tempo delle piante, per  Cephalotus follicularis il più efficace e conosciuto è la talea, ma anche qui ci sono modi e teorie diverse, di seguito saranno elencati e spiegati i vari metodi di procedimento.

Propagazione da seme

Propagazione per talea da: radice, foglia, ascidio

Propagazione per divisione



Propagazione da seme:

Dopo aver provveduto, con l’aiuto di un pennellino ad impollinare il fiore, questo genererà da 6 a 10 semi. Quando le capsule dei semi inizieranno ad aprirsi sarà ormai autunno.

A questo punto, bisognerà far riposare i semi per circa 2 mesi ad una temperatura media di 2°C sul substrato, coperti da un po di sfagno vivo.

Passati i 2 mesi la temperatura andrà alzata a 20° C mantenendo sempre il composto umido; a questo punto arriverà la parte lunga, infatti Cephalotus follicularis è noto per i suoi tempi dilatati e quando si parla di germinazione, questi possono mettere alla dura prova la pazienza del povero coltivatore.

La germinazione potrà essere relativamente rapida in alcuni casi, mettendoci anche solamente 2 mesi fino a dilungarsi incredibilmente in altri casi e arrivando anche ad 1 anno in quelli più lenti.
In entrambi i casi, la piccola plantula dovrà essere trattata con le stesse cure dell’adulto.


Propagazione per talea da: radice, foglia, ascidio:

La talea è forse il modo più rapido e sicuro per riprodurre Cephalotus follicularis. Il procedimento è abbastanza semplice: consiste nel tagliare una foglia sia carnivora che non, all’altezza del rizoma, e inserire l’estremità in un composto di sfagno o torba che permetta alle radici di crescere, i risultati in questo caso sono abbastanza rapidi portando ad avere le prime plantule nel giro di qualche mese.

Interessante è stata l’osservazione di Andrea Amici sulla rapidità di crescita e sulla memoria biologica che la talea porterebbe con se se al momento del taglio venisse rimossa assieme ad un pezzo di rizoma.

Per quanto riguarda la talea da radice il procedimento è lo stesso, il consiglio è però di mantenerla in un composto di torba (se è possibile mantenendo quello originario della pianta madre) in modo che risenta meno del distacco.

 

talea di Cephalotus in fase di germinazione


Propagazione per divisione:

Altro metodo di propagazione usato principalmente in 2 casi, nel primo per salvare una pianta debilitata da malattie fungine che hanno seriamente compromesso la struttura generale della stessa, e nel secondo, in caso di piante estremamente rigogliose dal quale dipartono numerose diramazioni, che possono essere tagliate per dar vita a nuovi esemplari.

La tecnica è semplicissima e simile alla precedente, si procede recidendo il “cordone ombelicale” che dal rizoma principale da vita alla nuova pianta, che verrà rinvasata e trattata a tutti gli effetti come un esemplare adulto.




Malattie e metodi di cura


Personalmente, non mi è mai capitato di vedere questa pianta attaccata da parassiti, in qualsiasi caso una possibile infestazione da afidi può rapidamente essere risolta con l’utilizzo di un prodotto apposito.

 

Oidio e Botrite

Diverso è il problema se si tratta di Oidio o peggio ancora Botrite.
In entrambi i casi il fattore determinante è la mancanza di una buona aerazione combinata con una scarsa esposizione al sole. Come soluzione (a me ha salvato una pianta) consiglio di utilizzare un prodotto apposito a base di zolfo, dopo però aver rimosso la parte colpita. A malincuore dovetti tagliare un pezzo di rizoma, ma la pianta si salvò. Dopo aver tagliato il pezzo di rizoma, provvedei a spruzzare il fungicida e a ricoprire il tutto con sfagno vivo, e la situazione rapidamente migliorò fino alla completa guarigione della pianta.

 

Pythium

Si tratta di un fungo che non avrei difficoltà a definire "la peste del cephalotus". Questo fungo si sviluppa in presenza di ristagni d'acqua con temperature sopra i 30° , scarsa aerazione, caldo in combinazione con un elevato tasso di umidità.

Colpisce il rizoma e l'apparato radicale con una velocità che ha dell'incredibile, ho personalmente visto il mio cepha passare da un cupolone di circa 30 ascidi a essere solo un apparato radicale nel giro di soli tre giorni.

L'aspetto generale è quello di una pianta avvizzita, disidratata, quasi marciscente.
L' unico rimedio che conosco è il taglio, rimuovere tutta la parte di rizoma marcita per salvare la pianta.

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 Qui sopra, un ascidio e un apparato radicale colpiti da Phytium. 
Si può notare come il rizoma sia marcito e poi seccato,
e le radici scurite a causa della marcescenza.

 




Consigli

Parlando con Andrea Amici, ho avuto modo di confrontare le sue esperienze dirette con le mie, e di poter avvalorare molte delle mie teorie e ipotesi, qui di seguito sono riportati alcuni consigli utili, che possono portare ad avere delle piante in salute e migliori risultati di coltivazione.

A differenza di altre piante Cephalotus follicularis ha un effettivo bisogno nutrizionale, che può essere utilizzato a nostro favore per ottenere risultati notevoli in un tempo relativamente breve. La differenza l’ho potuta notare anche io quando per pura curiosità ho iniziato a fornire cibo alla pianta.

In effetti con un buon apporto nutrizionale la pianta tendenzialmente cresce molto più rapidamente, bisogna però saperne capire le esigenze. Come le definì Andrea, la “chiave di volta” sono le formiche, infatti a differenza degli altri insetti,la pianta utilizza l’acido formico assorbito dalla digestione delle stesse, per produrre succhi digestivi decisamente più potenti, in grado di aumentare la velocità di assimilazione delle sostanze azotate, infatti, la capacità digestiva dei succhi (composti per la maggior parte di acqua) dipende molto sia dall’acidità del terreno (le sostanze che la pianta assimila dal substrato vengono integrate anche nei succhi digestivi) sia dalle sostanze nutrizionali che la pianta assimila tramite l’alimentazione insettivora.

Altra nota va data al latte, infatti (se ne discuteva a Longarone) una piccola e dosata somministrazione di latte porta notevoli benefici alla pianta, che riesce ad assimilarlo con molta facilità.

Un altro piccolo trucchetto è di regolare l’irrigazione in base all’apertura degli ascidi, se la pianta ha sete, ce lo farà capire chiudendo gli ascidi, il che viene fatto solo nei casi di mancato apporto idrico o temperatura troppo elevata.

Lo studio dell'ascidio del cephalotus è una cosa che può tante volte fare la differenza tra avere una pianta viva e una morta. Infatti l'ascidio, se osservato attentamente, può fornirci moltissime informazioni sullo stato di salute della pianta, sul suo stato di nutrizione ed altre cose interessanti.

In particolare focalizzerò questo punto sull'osservazione dell'interno dell'ascidio, in relazione al suo utilizzo come strumento di monitoraggio per la salute e l'alimentazione.
L'ascidio infatti alla sua nascita presenta una colorazione interna completamente verde, se non fosse che per una macchia rosata che si trova sui lati destro e sinistro in corrispondenza delle ghiandole che producono i succhi digestivi.

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 Potete notare il colore verde interno e la presenza delle ghiandole digestive, questo ascidio è stato colpito da Phytium, e mi ha permesso di riuscire a recuperare la pianta prima che l'infestazione si propagasse in maniera rilevante.

Con la maturazione della pianta il colorito esterno dell'ascidio cambia, ma quello interno non in maniera rilevante, resta sempre infatti biancastro o giallino a seconda dell'età e delle dimensioni.
L'ascidio, però presenta una particolarità, infatti, con l'assimilazione di azoto, cambia il suo colorito interno in violaceo, la suddetta colorazione si espande come una macchia, partendo dalla zona ghiandolare ed arrivando all'imboccatura dell'ascidio

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Nella foto sopra, potete vedere un ascidio lasciato morire dalla pinta in seguito alla fine del suo normale ciclo vitale: potete notare l'estensione della zona pigmentata. Infatti, la zona pigmentata si espande in correlazione all'azoto assimilato dall'ascidio, indipendentemente dal numero di pasti, può capitare quindi che un ascidio che ha mangiato dieci formiche, sia meno pigmentato di un ascidio che ha mangiato un grillo.

L'osservazione di questa macchia permette una volta aperto l'ascidio di capire se questo ha svolto correttamente la sua funzione, infatti una volta che la macchia ha raggiunto l'imboccatura dell'acidio, quest'ultimo verra lasciato morire dalla pianta in quanto non più in grado di assimilare azoto.

Questa osservazione ci dà quindi la possibilità di poter monitorare la salute generale della pianta, che lascerà morire SOLO ascidi non ricettivi, nel caso contrario, vorrà dire che ci sono dei problemi che andranno ricercati nelle possibili malattie o in calibrazioni errate del substrato e/o dell'esposizione.


Cloni e Cultivar


"Cephalotus S"
Questo particolare tipo di clone presenta i denti degli ascidi completamente irregolari e le foglie/lamelle degli ascidi a punta o addirittura (in certi casi) seghettate.

German Giant
Uno tra i primi cloni "giganti" della famiglia, presenta ascidi che arrivano ad un massimo di 7,5 cm di lunghezza.

True Giant
Il primo clone "gigante" che comparì sul "mercato del cephalotus" presenta ascidi che raggiungono i 6,5-7 cm di lunghezza.

Hummer's Giant
Creato da JOHN HUMMER, è Il clone più grande documentato al momento. con i suoi 8,5 cm di lunghezza massima negli ascidi rappresenta un vero titano da serra.

Ivan's Giant
Clone non ancora documentato.

Vigorous Clumping
Variazione del cephalotus "normale" che presenta una iper produzione di ascidi, si arriva a parlare di piante di 10-15 cm con cupole di 40 ascidi di dimensioni ridotte 2-3 cm.

Brewer's SuperGiant
Clone non ancora documentato creato da Charles E. Brewer.

Double Ribbed
Clone che presenta una mutazione delle lamelle frontali degli ascidi, che risultano doppie.
Non ancora documentato appieno.

Nederland clone
Clone olandese noto per la particolarità di restare "sempreverde" nonostante le escursioni termiche e la prolungata esposizione allla luce solare.


Nota:

Ricordo che i cloni sono piante normali, il risultato che si ottiene avviene mediante metodi di coltivazione che tendono a sfalsare i ritmi biologici della pianta che produce ascidi più grandi come diretta conseguenza a esposizioni prolungate (anche 16 ore) sotto lampade fitostimolanti, e con composti studiati appositamente per favorirne la crescita.
Si ottiene un clone effettivo nel momento in cui la pianta in condizioni normali ripresenta la stessa variazione.
Può capitare nonostante tutto che la pianta ritorni alla sua forma originale, non scordiamoci infatti che Cephalotus follicularis è una sola pianta, unico genere e unica specie.

 

Drosera

DROSERE SUBTROPICALI

Scheda di Coltivazione

 

Drosera venusta con preda

 

La maggior parte delle drosere che si trovano più comunemente in vendita appartengono alla categoria delle drosere subtropicali. Le più semplici da coltivare, nonchè le più diffuse, sono D. capensis, D. aliciae, D. spatulata, D. venusta.

In natura queste piante sono diffuse nelle torbiere acide e nelle zone paludose, con elevata umidità a livello del suolo. Crescono in aree aperte, prive di altre piante e quindi sempre esposte in pieno sole dall'alba al tramonto.

Le prede vengono catturate attraverso delle ghiandole a forma di capocchia di spillo in grado di secernere una sostanza collosa in grado di intrappolare gli insetti. Le prede vengono attirate dalle gocce di colla simili a rugiada o nettare, e finiscono per appiccicarsi ad esse. La pianta lentamente avvolge l'insetto piegando su di esso le ghiandole vicine, e spesso anche arrotolando l'intera foglia.

 

VASI

I vasi migliori sono quelli in plastica, possibilmente di colore chiaro. Si tratta di piante che nella maggior parte dei casi non diventano molto grandi e quindi saranno più che sufficienti vasi con un diametro di 10-12 centimetri. Alcune specie necessitano di un substrato molto drenante e gradiranno quindi vasi profondi e in terracotta.

 

SUBSTRATO: Il substrato classico per le drosere è torba acida di sfagno + perlite in proporzioni 1:1

La torba deve avere dei valori precisi:

PH: inferiore a 5

Materia organica: superiore a 90%

azoto: inferiore a 1%

La perlite non è obbligatoria ma può essere sostituita con sabbia di quarzo o ghiaino di quarzo, facilmente reperibili nei negozi di acquari. Le Drosere amano molto l’umidità, quindi la presenza di sfagno vivo in superficie è gradita ma non obbligatoria. Lo sfagno aiuta a mantenere alta l’umidità e a tenere lontane malattie come muffe e funghi. Alcune specie, come D. regia, preferiscono terreni più asciutti e privi di ristagni: apprezzeranno quindi un substrato con sabbia di quarzo, perlite e torba in parti uguali, senza sfagno in superficie.

Particolare delle ghiandole di D. regia

 

ACQUA

L'acqua deve avere un residuo fisso inferiore 50. Va bene l'acqua demineralizzata, l'acqua da osmosi inversa (acquistabile nei negozi di acquari), l'acqua piovana o anche l'acqua oligominerale. Anche l'acqua dei deumidificatori può andare bene ma prima bisogna accertarsi che dalle linguette di condensazione non vengano rilasciati pericolosi sali di metalli (come solfato di rame).

Acque più pesanti causano un innalzamento del ph della torba con conseguente proliferazione batterica e un aumento dell'azoto. Questo, sommato al cloro presente nell'acqua di rubinetto, con il tempo causa danni gravissimi alla pianta che possono concludersi con la morte.

Per la maggior parte delle specie di drosere subtropicali, è importante tenere sempre almeno due dita di acqua nel sottovaso, in modo che il substrato rimanga sempre ben umido. Altre specie, come D. regia, spesso preferiscono terreni più asciutti. In inverno si può ridurre l'apporto idrico, in modo tale da prevenire eventuali attacchi fungini, ma stando attenti a mantenere sempre il substrato ben umido. 


Drosera spatulata 'Lovellae' 

 

RINVASO

Il rinvaso può essere fatto in qualunque periodo ma in genere è da preferire la tarda primavera poichè, con le temperature non eccessivamente torride, la pianta si riprende meglio. Il rinvaso va fatto normalmente quando annusando il fondo del vaso si sente cattivo odore (simile a uovo marcio) o quando ci sono malattie, muffe, parassiti o altri problemi che compromettano la salute della pianta. Le radici delle drosere subtropicali sono molto spesse, nere e carnose. Se durante il rinvaso una radice si spezza, è possibile tentare una talea radicale. Molte specie di drosere sia subtropicali che tropicali, tendono a propagarsi molto rapidamente producendo molte radici superficiali da cui spuntano nuovi getti radicali. Per queste specie un vaso di dimensioni adeguate permette alla pianta di riprodursi da sè.

 

TEMPERATURE

Le drosere subtropicali amano temperature comprese tra i 5 gradi di minima in inverno e i 35 gradi di massima d’estate. E’ meglio evitare le gelate perchè le piante rischiano di perdere la parte aerea e non sempre riescono a rispuntare dalle radici.

Durante l'inverno le piante possono essere coltivate in serra o meglio ancora in terrario. La coltivazione in casa risulta la più difficile, in questo caso bisogna sistemare le piante davanti ad una finestra a sud, illuminata dal sole per più tempo possibile. Se le piante non hanno abbastanza luce produrranno foglie prive di colla, verde scuro e filanti.

 

Fiore di Drosera spatulata

 

LUCE

Per avere delle piante belle colorate e con molta colla, è necessaria luce solare diretta per quasi tutto il giorno. In condizioni di scarsa luce la pianta produrrà foglie filanti, senza colla e verde scuro, diventando particolarmente soggetta a malattie come la botrite. Se le drosere sono coltivate in un logo chiuso, come un terrario, bisogna fare attenzione che la luce sia sufficiente poichè l'aria stagnante in condizioni di elevata umidità può portare all'insorgenza di muffe e funghi.

 

RIPRODUZIONE

Le drosere sono nella stragrande maggioranza dei casi autoimpollinanti e autofertili, quindi ogni fiore produce sempre semi in abbondanza che germinano rapidamente e senza difficoltà una volta sparsi sulla superficie del terreno, ovviamente senza coprirli e senza bisogno di stratificazione. La crescita delle plantule è molto rapida e quindi la semina delle drosere è un ottimo metodo per riprodurle.

 

Seedlings di D. regia

 

Anche la riproduzione per talea fogliare o radicale è semplice e rapida.

Talea fogliare: per ottenere una talea fogliare sarà sufficiente staccare una foglia, in particolare la parte in cui sono presenti le ghiandole che secernono la colla. Il tessuto predisposto a generare nuove piante si trova infatti alla base di ogni tentacolo, anche se ci sono stati casi in cui la nuova pianta si è formata nell'area del picciolo. Dopo aver staccato la foglia, la quale deve essere giovane e sana, si deve lavarla accuratamente da eventuali insetti morti o sporcizia usando acqua osmotica o piovana. Dopodichè si stenderà la foglia orizzontalmente in un tappeto di sfagno vegetante molto umido. E' importante che la foglia sia a contatto con lo sfagno per tutta la sua lunghezza, ma non deve esserne ricoperta. Il tutto va posizionato in pieno sole. Le plantule dovrebbero spuntare nel giro di uno o due mesi.

Talea fogliare su torba di Drosera capensis

 

Talea radicale: le drosere subtropicali producono radici carnose e spesse, le quali fungono da riserva nutritiva e permettono alla pianta di ripartire nel caso le condizioni avverse climatiche avessero ucciso la parte aerea. Si tratta quindi di un sistema rapido e praticamente infallibile di ottenere nuove piante. Basterà quindi svasare una drosera adulta e sana, staccare una radice viva (le radici vive sono nere all'esterno ma bianche all'interno) e disporla orizzontalmente sotto a qualche millimetro di torba o meglio  sfagno vivo. E' importante lasciare alcune parti della radice scoperta e alla luce, in modo da stimolarla a produrre un nuovo punto di crescita. Nel giro di poche settimane dovrebbero spuntare nuove piante.

 


 

DROSERE DEL QUEENSLAND

Scheda di Coltivazione

 

Le drosere del Queensland sono solamente tre specie e provengono dalle foreste dell’Australia del nord, in cui il clima è strettamente tropicale. vivono in una zona forestale, in cui sono sempre ombreggiate da altre piante e raramente vengono colpite dalla luce solare diretta. Le drosere del Queensland sono D. adelae, D. prolifera e D. schizandra.

 

 

VASI

I vasi migliori sono quelli in plastica, di qualsiasi colore. Perfette sono le ciotole basse e larghe poichè queste piante tendono a propagarsi rapidamente attraverso getti radicali e hanno bisogno di un’ampia superficie in cui sia mantenuta un’alta umidità. Inoltre le ciotole basse permettono alle piante di pescare più facilmente l’acqua dal sottovaso.

 

SUBSTRATO

Il substrato classico per le drosere del Queensland è torba acida di sfagno + perlite in proporzioni 1:1 per la metà inferiore del vaso e sfagno vivo per la metà superiore.

La torba deve avere dei valori precisi:

PH: inferiore a 5

Materia organica: superiore a 90%

azoto: inferiore a 1%

La perlite non è obbligatoria ma può essere sostituita con sabbia di quarzo o ghiaino di quarzo, facilmente reperibili nei negozi di acquari.

Lo sfagno è obbligatorio per la coltivazione di prolifera e schizandra mentre la adelae può adattarsi anche alla sola torba e perlite.

 

ACQUA

L'acqua deve avere un residuo fisso inferiore 50. Va bene l'acqua demineralizzata, l'acqua da osmosi inversa (acquistabile nei negozi di acquari), l'acqua piovana o anche l'acqua oligominerale. Anche l'acqua dei deumidificatori può andare bene ma prima bisogna accertarsi che dalle linguette di condensazione non vengano rilasciati pericolosi sali di metalli (come solfato di rame).

Acque più pesanti causano un innalzamento del ph della torba con conseguente proliferazione batterica e un aumento dell'azoto. Questo, sommato al cloro presente nell'acqua di rubinetto, con il tempo causa danni gravissimi alla pianta che possono concludersi con la morte.

E’ importante tenere sempre almeno due dita di acqua nel sottovaso e, se necessario, vaporizzare le piante di tanto in tanto.

 

RINVASO

Il rinvaso può essere fatto in qualunque periodo ma in genere è da preferire l’inverno o la primavera poichè, con le temperature non eccessivamente torride, la pianta si riprende meglio. Il rinvaso va fatto normalmente quando annusando il fondo del vaso si sente cattivo odore o quando ci sono malattie, muffe, parassiti o altri problemi che compromettano la salute della pianta.

 

TEMPERATURE

Le temperature per le drosere del Queensland non devono mai scendere sotto i 15 gradi e il tetto massimo da non superare si aggira intorno ai 30 gradi. In inverno queste piante vanno mantenute in terrario sotto una buona illuminazione a neon o alogena, in un ambiente con alto tasso di umidità. Consiglio di tenere queste piante in terrario per tutto l’anno poichè si adattano male ai cambiamenti e un eventuale trasloco dall’interno all’esterno potrebbe essere un grosso problema per la pianta. La Drosera adelae è la specie che meglio tollera le basse temperature, arrivando a sopportare anche i 10°C. Drosera prolifera può sopportare brevi periodi a 10°C soffrendo molto. Drosera schizandra invece è la pianta meno tollerante verso le basse temperature.

 

LUCE

Se coltivate in terrario, queste piante necessitano di una quantità molto abbondante di luce artificiale. All’esterno invece queste drosere non devono assolutamente essere tenute alla luce diretta del sole bensì in un luogo ombreggiato con luce diffusa. Bisogna però fare attenzione e controllare che non soffrano la scarsità di luce, per cui è importante trovare la giusta collocazione in modo da fornire alla pianta l'illuminazione ideale.

 

Fiore di D. prolifera: se interrato dà origine a una nuova pianta

 

RIPRODUZIONE

Le drosere del Queensland si riproducono bene per talea fogliare e talea radicale (vedi drosere subtropicali). La adelae e la schizandra si propagano facilmente anche da sole, emettendo nuovi getti dalle radici. La prolifera invece si propaga ricoprendo di sfagno i suoi numerosi steli floreali. Questi si comporteranno come un vero e proprio stolone, producendo una plantula all’apice che nel giro di poco tempo svilupperà delle radici proprie e potrà così essere separata dalla madre.

 


 

 DROSERE TEMPERATE

Scheda di Coltivazione

 


Particolare di Drosera rotundifolia

  

Le drosere temperate vivono in aree in cui si alternano una stagione calda in cui vegetano e una stagione più o meno fredda in cui entrano in dormienza.  Si distinguono dalle altre drosere perchè necessitano di un periodo di riposo invernale, in cui formano una particolare struttura chiamata ibernacolo al centro della rosetta, e perdono tutta la restante parte aerea. Sono piante che vivono solitamente nelle sfagnere acide, in montagna e che amano inverni freddi ed estati miti ma mai troppo calde.

Queste drosere sono presenti anche in italia come ad esempio D. rotundifolia, D. intermedia e D. anglica.

Alcune drosere come D. binata non formano veri e propri ibernacoli e possono saltare il riposo invernale. Altre come D. stenopetala e D. arcturi vivono in altissima montagna e hanno bisogno di grandi sbalzi termici tra giorno e notte e risultano quasi impossibili da coltivare senza appositi terrari muniti di impianto di raffreddamento.

  

Drosera Stenopetala

 

VASI

Il vaso da preferire è la ciotola in plastica di colore chiaro o in terracotta (comprata nuova). Sono piante che amano avere le radici fresche e un livello idrico molto alto.

 

SUBSTRATO

Il substrato classico per le drosere temperate è torba acida di sfagno e perlite in proporzioni 1:1

La torba deve avere dei valori precisi:

PH: inferiore a 5

Materia organica: superiore a 90%

azoto: inferiore a 1%

La perlite può essere sostituita con ghiaino di quarzo o sabbia di quarzo, reperibili nei negozi di acquari. E’ caldamente consigliato l’uso di sfagno vivo in superficie per due motivi: innanzitutto tiene lontani i marciumi e altre malattie a cui queste piante sono particolarmente soggette soprattutto in inverno, inoltre queste piante soffrono molto il caldo estivo e lo sfagno vivo permette di mantenere un po’ più fresche le loro radici. Inoltre assicura sempre un'alta umidità intorno al rizoma.

 

Giovane Drosera intermedia

 

ACQUA

L'acqua deve avere un residuo fisso inferiore 50. Va bene l'acqua demineralizzata, l'acqua da osmosi inversa (acquistabile nei negozi di acquari), l'acqua piovana o anche l'acqua oligominerale. Anche l'acqua dei deumidificatori può andare bene ma prima bisogna accertarsi che dalle linguette di condensazione non vengano rilasciati pericolosi sali di metalli.

Acque più pesanti causano un innalzamento del ph della torba con conseguente proliferazione batterica e un aumento dell'azoto. Questo, sommato al cloro presente nell'acqua di rubinetto, con il tempo causa danni gravissimi alla pianta che possono concludersi con la morte.

Le Drosere temperate amano molto l’umidità e quindi un livello idrico elevato è particolarmente gradito. In inverno, durante il riposo, è meglio ridurre un po’ le innaffiature a causa della minore luce e del pericolo di muffe.

 

RINVASO

Il rinvaso completo va effettuato solo in caso di malattie o se la torba presente sul fondo del vaso puzza di uovo marcio. Se si deve solo mettere la pianta in un vaso più spazioso è meglio non disturbare le radici. Dopo un rinvasa la pianta perderà tutta la colla per qualche giorno, non c'è nulla da preoccuparsi: è normale. La colla tornerà un po' alla volta, anche se spesso bisognerà aspettare la nuova crescita di foglie per poter vedere la pianta al meglio.

 

Fiore di D. stenopetala

 

TEMPERATURE

Le temperature sono fondamentali per la coltivazione di queste piante. Ogni specie ha delle esigenze diverse: alcune vivono in zone in cui la temperatura non scende mai sotto i 5 gradi, altre specie passano l'inverno a -20. Generalizzando, tutte le specie gradiscono temperature estive massime di 25 gradi con una buona escursione termica tra giorno e notte, mentre in inverno consiglio di mantenere una temperatura compresa tra -5 gradi notturni e +5 gradi diurni. Alcune specie più comuni, come D. binata, D. filiformis, D. intermedia, sono molto resistenti e resistono senza problemi a temperature caldissime in estate e molto fredde in inverno.

Ibernacolo di D. filiformis

 

LUCE

Tutte le specie gradiscono il pieno sole, tenere le piante in un luogo ombreggiato causa perdita di colla e colore e comporta rischi di malattie. Alcune specie che non tollerano temperature estive troppo elevate e necessitano di forti escursioni termiche dovranno essere coltivate in un terrario fresco molto illuminato.

 

Stelo floreale di D. intermedia: da notare gli ovari, in basso, gonfi di semi

 

RIPRODUZIONE

Queste drosere si riproducono bene per talea fogliare e talea radicale (vedi drosere subtropicali). 

I semi sono facili da ottenere poichè le piante sono autoimpollinanti ed autofertili. Germinano facilmente, è però necessaria una stratificazione fredda tenendo il vasetto in cui si è seminato in frigo per almeno un mese o seminando a gennaio lasciando poi i vasi all’esterno in modo che la stratificazione avvenga in modo naturale.

 


 

 DROSERE TUBEROSE

Scheda di Coltivazione

 

 

Le Drosere tuberose vivono principalmente nell’Australia dell’Ovest e hanno la caratteristica di formare un tubero nel quale immagazzinano tutte le loro scorte mentre la parte aerea della pianta muore.

Queste meravigliose piante infatti vivono in luoghi in cui d’estate il clima è desertico e rovente, e la vita per queste piante sarebbe impossibile. D’inverno invece inizia a piovere e la zona di fatto diventa molto umida e fresca, a volte allagata. Queste piante quindi hanno dovuto inventare un sistema per sopravvivere durante la torrida stagione estiva e hanno trovato nella produzione di tuberi sotterranei la soluzione. Gli inverni piovosi e miti diventano poi il clima ideale per la crescita delle piante carnivore.

Le drosere tuberose sono principalmente di due tipi: il primo produce una rosetta piatta adagiata sul terreno (D. tubaestylis ad esempio) mentre il secondo tipo produce un lungo stelo eretto, e utilizza la colla delle proprie trappole, oltre che per catturare insetti, anche per ancorarsi alle altre erbe e arrampicarsi. I fiori di queste piante sono di colore rosa, bianco o giallo e spesso profumano intensamente di miele.

 

VASI

I vasi migliori sono quelli in plastica, di qualsiasi colore. Devono essere molto alti poichè queste piante formano i tuberi in profondità e se vengono a contatto con il fondo del vaso rischiano di marcire.

 

Drosera subhirtella

 

SUBSTRATO

Il substrato classico per le Drosere tuberose è torba acida di sfagno 30% e ghiaino di quarzo 70%

La torba deve avere dei valori precisi:

PH: inferiore a 5

Materia organica: superiore a 90%

azoto: inferiore a 1%

Il ghiaino di quarzo deve avere una granulometria compresa tra 2 e 5 millimetri. E' preferibile acquistarlo bianco o nero, assicurandosi che non siano state usate vernici o altre sostanze chimiche per colorarlo. Non usate ghiaino multicolore o diventerebbe difficile riuscire a vedere e recuperare i tuberi, spesso molto piccoli, di queste drosere.

 

ACQUA

L'acqua deve avere un residuo fisso inferiore 50. Va bene l'acqua demineralizzata, l'acqua da osmosi inversa (acquistabile nei negozi di acquari), l'acqua piovana o anche l'acqua oligominerale. Anche l'acqua dei deumidificatori può andare bene ma prima bisogna accertarsi che dalle linguette di condensazione non vengano rilasciati pericolosi sali di metalli (come solfato di rame).

Acque più pesanti causano un innalzamento del ph della torba con conseguente proliferazione batterica e un aumento dell'azoto. Questo, sommato al cloro presente nell'acqua di rubinetto, con il tempo causa danni gravissimi alla pianta che possono concludersi con la morte.

All’inizio dell’autunno, quando le temperature iniziano pian piano a scendere, si inizia ad innaffiare le piante dall’alto. Una volta idratato il substrato si può tenere sempre 2 cm di acqua nel sottovaso, lasciandolo asciugare prima di rabboccarlo con altra acqua. Nel giro di qualche settimana inizierà a spuntare il germoglio. La pianta crescerà durante tutto l’inverno, poi, in primavera, con l’innalzarsi delle temperature, inizierà pian pianto a perdere la colla fino ad annerire e seccare completamente.

A quel punto bisogna smettere di innaffiare e lasciare che il substrato si asciughi lentamente in modo naturale.

Se la pianta non è pronta ad andare in riposo, non forzatela! Alcune specie di drosere tuberose tendono a non entrare in riposo, in questo caso continuate a tenerle bagnate. Lasciate seccare il substrato solo quando la pianta è secca a sua volta, mai mentre la pianta sta vegetando.

Durante l’estate il substrato va tenuto secco. Una leggerissima vaporizzata in superficie ogni tanto può essere gradita. Per evitare un'eccessiva disidratazione dei tuberi, si può bagnare il substrato immergendo i vasi in acqua una volta ogni 2 o 3 settimane: si lasciano i vasi immersi completamente per 10 minuti e poi si lascia seccare nuovamente il substrato. A partire da settembre si ricomincia a bagnare le piante regolarmente fino alla germinazione.

 

RINVASO

Le Drosere tuberose non necessitano di rinvaso ma con il tempo i tuberi tendono a infossarsi sempre più fino a raggiungere il fondo del vaso. Per questo motivo una volta ogni 1 o 3 anni (dipende dalla specie) si deve provvedere a svuotare i vasi, raccogliere i tuberi e riportarli in superficie, a 3-4 cm sotto terra. Ovviamente questa operazione va fatta in piena estate, quando i tuberi sono nel pieno del loro riposo estivo.

Disturbare la pianta mentre è in vegetazione, o mentre sta andando in riposo può essere fatale!

 

TEMPERATURE

Le temperature ideali per la crescita sono intorno ai 10-15 gradi. Al di sopra dei 20 tendono ad andare in riposo. Anche se sono piante a crescita invernale non sopportano le gelate e sotto i 10 gradi la loro crescita risulta rallentata.

 

I tuberi sono di varie forme e colori

 

LUCE

Tutte le specie gradiscono il pieno sole, quindi non è possibile tenerle in casa. Bisogna esporre le piante a sud o tenerle in un terrario illuminato da abbondante luce artificiale.

 

RIPRODUZIONE

Il metodo più rapido per riprodurre le drosere tuberose è attendere che esse producano tuberi in esubero: con gli anni infatti, molte tuberose tendono a produrre più di un tubero quando vanno in riposo estivo.

Un altro sistema, abbastanza barbaro, consiste nel dividere un tubero a metà: mezzo tubero è comunque in grado di cicatrizzare e produrre una pianta, ma sarà più piccola e debole. Si tratta comunque di un metodo rischioso, perchè non sempre la pianta è in grado di riprendersi. 

La talea fogliare funziona con alcune specie: ho ottenuto una pianta in pochi mesi da una foglia di D. peltata  (vedi il metodo delle drosere subtropicali). 

 

Semi maturi di D. tubaestylis

 

Ottenere semi di tuberose è difficile perchè sono poche le specie autoimpollinanti e la maggioranza necessita di impollinazione incrociata tra piante geneticamente diverse. I semi poi sono spesso difficili da far germinare, necessitano di stratificazione a caldo o fumo di foglie di eucalipto, e possono impiegarci anche anni a nascere. E’ utile trattarli con acido giberellico per accorciare i tempi di germinazione.

La specie più facile da riprodurre da seme è D. peltata: questa pianta infatti è autofertile e autoimpollinante, e i semi si seminano subito e nascono tranquillamente senza alcuna stratificazione.

Plantule di D. tubaestylis appena nate. Da notare le foglie secche
di piante palustri bruciate e la cenere nera prodotta.

 

Ho avuto modo di riprodurre anche D. tubaestylis: possedendo piante geneticamente diverse è possibile avere successo nell'impollinazione. Anche ibridare specie compatibili, come D. graniticola X D. zigzagia permette di ottenere semi fertili.

Una volta ottenuti i semi, si possono mettere a bagno in una soluzione di acqua e acido giberellico: si tratta di un ormone vegetale che stimola la germinazione dei semi. In mancanza di questa sostanza, si può tentare una stratificazione calda: bisogna seminare su un vaso di terracotta riempito con un composto ben bagnato di torba e sabbia di quarzo 1:3, prendere delle foglie secche di piante palustri (meglio ancora di eucalipto), e bruciarle in modo da simulare un incendio. Questo procedimento stimolerà i semi a germinare: infatti in natura sono "programmati" per nascere solo dopo che il territorio è stato ripulito dalle erbe da un incendio, in modo da essere i primi a ricolonizzarlo con la certezza di non avere più piante in competizione per la luce solare.

Plantule di D. tubaestylis dopo un mese

 


 

 DROSERE PIGMEE

Scheda di Coltivazione

 

 

Le Drosere pigmee sono un gruppo di piccole drosere a crescita invernale presenti principalmente in Australia. Si chiamano così a causa delle loro dimensioni minute, e per questo sono considerate le drosere più piccole del mondo.

Vivono in terreni sabbiosi, spesso asciutti in superficie, e per questo hanno sviluppato delle sottili e lunghissime radici che servono per procurarsi l’acqua presente in profondità nel terreno. Alcune specie più impegnative necessitano di riposo estivo, con un periodo di siccità, altre amano avere sempre acqua a disposizione. La fioritura di queste piccole piante è spesso spettacolare: a volte i fiori sono più grandi dell’intera pianta. Ottenere dei semi è difficilissimo, in compenso queste piante hanno la capacità di produrre una moltitudine di gemme in grado di sviluppare una pianta adulta in pochissimi mesi.

 

VASI

I vasi migliori sono quelli in plastica, di qualsiasi colore. A causa delle lunghe radici, queste piante necessitano di vasi piuttosto alti. 

 

SUBSTRATO

Il substrato classico per le drosere pigmee è torba acida di sfagno + sabbia di quarzo in proporzioni 1:1

La torba deve avere dei valori precisi:

PH: inferiore a 5

Materia organica: superiore a 90%

azoto: inferiore a 1%

La sabbia può essere sostituita in parte con perlite. Il ghiaino di quarzo non è adatto a causa della granulometria elevata.

 

ACQUA

L'acqua deve avere un residuo fisso inferiore 50. Va bene l'acqua demineralizzata, l'acqua da osmosi inversa (acquistabile nei negozi di acquari), l'acqua piovana o anche l'acqua oligominerale. Anche l'acqua dei deumidificatori può andare bene ma prima bisogna accertarsi che dalle linguette di condensazione non vengano rilasciati pericolosi sali di metalli.

Acque più pesanti causano un innalzamento del ph della torba con conseguente proliferazione batterica e un aumento dell'azoto. Questo, sommato al cloro presente nell'acqua di rubinetto, con il tempo causa danni gravissimi alla pianta che possono concludersi con la morte.

D’estate, in natura, le drosere pigmee vanno in riposo estivo. Alcune specie più semplici possono saltare il riposo ma altre più rare e delicate come la drosera citrina esigono la riproduzione delle condizioni naturali anche in coltivazione. Si procederà quindi alla riduzione graduale dell’apporto idrico durante i mesi più caldi dell’estate, facendo attenzione che il composto non secchi completamente in profondità.

Un’elevata umidità atmosferica non è necessaria per queste piante, anzi, è meglio mantenere una buona circolazione dell’aria per prevenire marciumi e muffe. E' meglio evitare eccessivi ristagni e per le piante adulte si può far asciugare il sottovaso prima di rabboccare nuovamente con acqua.

 

RINVASO

Le Drosere pigmee non vanno rinvasate poichè le loro radici sono lunghe, sottilissime e molto delicate. Se vengono danneggiante la pianta solitamente muore. Se è proprio necessario cambiare vaso, è meglio tenere sempre intero il panetto di terra.

 

TEMPERATURE

Le temperature ideali vanno dai 5 gradi di minima invernale ai 35 gradi di massima estiva. Le specie più robuste possono sopportare temperture più alte o più basse.

 

LUCE

Tutte le specie necessitano di pieno sole, quindi è sconsigliato tenerle in casa o in un terrario scarsamente illuminato. L’ideale è tenerle all’aperto alla luce solare diretta per tutto l’anno. Se le temperature invernali si avvicinano troppo allo zero bisogna ripararle in serra fredda o in un luogo ben illuminato in cui la temperatura rimane intorno ai 5 – 10 gradi

gemme in schiusa

 

RIPRODUZIONE

I semi sono difficili da germinare, ma si può tentare seminando a primavera in un composto di sabbia e torba tenuto in un luogo fresco e luminoso.

Più semplice è la riproduzione tramite gemma: le Drosere pigmee in inverno producono molte gemme al centro della rosetta. Queste possono venire raccolte e sparse nello stesso composto delle piante adulte. Le gemme germineranno nel giro di pochissimi giorni, dando vita a piante che diveranno adulte in pochi mesi. Le gemme rimangono vitali per poco tempo e quindi bisogna seminarle subito. Possono comunque essere conservate in frigo per qualche settimana.

Dopo la semina delle gemme è importante mantenere il substrato sempre molto umido, vaporizzando spesso fino a radicazione avvenuta.

Anche se non si ha intenzione di seminare le gemme è sempre meglio toglierle dalla pianta madre dopo che le ha prodotte, o rischiano di soffocarla o causare marciumi.

 


 

PETIOLARIS COMPLEX

Scheda di Coltivazione

a cura di Zanaga

 

 

Il complesso delle drosere petiolaris (drosere picciolate) è composto da 14 specie: una annuale (D. banksii) e 13 perenni (D. brevicornis, D. broomensis, D. caduca, D. darwinensis, D. derbyensis, D. dilatato-petiolaris, D. falconeri, D. fulva, D. kenneallyi, D. lanata, D. ordensis, D. paradoxa, D. petiolaris).

Le zone tropicali dell’Australia del nord dove le picciolate vivono, sono caratterizzate da estati calde e umide in cui le piante vegetano (dicembre-aprile) e da inverni comunque caldi e secchi (maggio-novembre) in cui vanno in riposo. Far rispettare questo ciclo anche in coltivazione non è per niente semplice.

Per quanto riguarda le diverse specie perenni, si possono dividere a grandi linee in 2 gruppi:

• quelle che durante il riposo formano una rosetta più o meno pelosa e compatta. Dovrebbe essere garantita per quelle in questo gruppo un po’ piu’ di umidità. Troviamo in questo gruppo: D. brevicornis, D. broomensis, D. darwinensis, D. derbyensis, D. fulva, D. lanata, D. ordensis.

• quelle che perdono completamente le loro foglie durante il riposo e formano una specie di “bulbo” (tipo quello della dionea). Dovrebbero essere tenute piu’ al secco rispetto a quelle del primo gruppo. Troviamo in questo gruppo D. caduca, D. falconeri, D. kenneallyi.

D. petiolaris e D. dilatato petiolaris hanno un comportamento a cavallo tra i due gruppi. D. paradoxa anche in natura rallenta la crescita ma non smette mai di vegetare attivamente.

 

VASI

Abbastanza profondi, io uso vasi quadrati 10x10x12.

 

SUBSTRATO

Utilizzo 60% di torba di sfagno, 30% di sabbia silicea a grana media, 10% tra perlite e lapillo lavico.

 

 

ESTATE

Le picciolate vegetano a grandi linee da metà primavera a metà autunno. Va garantito caldo e umidità. Io tengo le piante all’esterno in una teca di plexiglass semi chiusa (così da avere un buon tasso di umidità), in posizione tale da garantire qualche ora di sole diretto nella prima mattinata (da non spaventarsi se all’interno del terrario la temperatura sale molto, anche sui 50°C; se le piante sono in piena vegetazione gradiscono molto il caldo intenso). Per quanto riguarda le annaffiature, in estate io tengo costantemente acqua nel sottovaso e annaffio qualche volta dall’alto (c’e’ chi preferisce annaffiare sempre dall’alto).

 

AUTUNNO

Le piante cominciano a rallentare la crescita e a produrre foglie sempre più piccole. A quel punto bisogna togliere acqua dal sottovaso e ridurre anche l’acqua dall’alto.

 

INVERNO

Verso metà novembre o comunque quando le temperature notturne scendono sotto i 10-12°C e le piante danno segno di voler entrare in riposo, metto i vasi in casa all’interno di un terrario semichiuso a circa 10 cm da neon growlux e\o lifeglow accesi per circa 12 ore al giorno. All’interno del terrario metto anche una ventola da computer che si accende di giorno per 15 minuti ogni ora. Annaffio sempre più di rado fino a dare nel mese di gennaio poca acqua solo ogni 10 giorni; da quel momento e fino a marzo poca acqua ogni tre settimane.

Molti mantengono comunque il terreno sempre appena umido. Alcuni in questo periodo vaporizzano le piante, ma io lo scorso anno dopo una vaporizzazione (forse troppo intensa?) ho perso un paio di piante che si sono coperte di muffe nel giro di un giorno, e quindi ho deciso di non riprovarci. Comunque il riposo puo’ essere piu’ o meno lungo a seconda non solo delle condizioni che diamo alle nostre piante ma anche in realzione alla specie (ad. esempio falconeri e caduca hanno mediamente riposi piu’ lunghi rispetto ad esempio a broomensis, fulva). Comunque se si notano segni di risveglio bisogna far riprendere alla pianta la vegetazione aumentando acqua e temperatura.

 

PRIMAVERA

Il momento del risveglio non e’ semplice. All’inizio della primavera metto il ternario di fronte ad una finestra dove le piante possono ricevere qualche ora di sole diretto ed inizio ad aumentare leggermente l’intensità delle annaffiature. L’importante e’ essere graduali, sia nel riaumentare la frequenza e l’intensità delle annaffiature, sia nel riportare le piante al sole all’esterno.

 

RIPRODUZIONE

Le 13 specie perenni non sono autofertili quindi bisogna avere due cloni diversi per poter avere dei semi. La talea di foglia funziona anche se non troppo facilmente. Io stacco le foglie piu’ vicino possibile alla base del picciolo, le metto in una bustina di plastica riempita di acqua distillata in un luogo luminoso e incrocio le dita. Se tutto va bene in un mesetto si potrebbero avere delle nuove plantule. Per le specie “pelose” la percentuale di successo è minore.

 

Heliamphora

HELIAMPHORA

Scheda di coltivazione

 

Heliamphora sarracenioides

 

Il genere Heliamphora vive esclusivamente nella zona dei Tepui Venezuelani e dintorni. Sono piante con ascidi a forma di anfora o di calice i quali, riempiendosi d’acqua piovana, si trasformano in perfette trappole per qualnque insetto abbia la sfortuna di caderci dentro. Gli insetti vengono attirati attraverso un nettare molto dolce, prodotto all’interno di un piccolo cappellino vivacemente colorato di rosso, rivolto verso il centro della trappola. Le heliamphore hanno due tipologie di ascidi a seconda delle fasi di crescita: quelli giovanili sono molto allungati, spesso leggermente prostrati, con una piccola apertura che ricorda un po' la sarracenia psittacina. Gli ascidi adulti invece sono le tipiche anfore che danno il nome a questo genere.

In natura la maggior parte delle specie di Heliamphora vive in cima ad altopiani chiamati Tepui, a quote spesso molto elevate. In queste condizioni le temperature possono variare da un massimo di 40 gradi diurni a un minimo di 0 gradi notturni. Le radici sono sempre bagnate da acqua fresca, acida, che sgorga dalla roccia.

Alcune specie vivono anche in pianura, a temperature tropicali, come ad esempio Heliamphora heterodoxa “Gran Sabana” o Heliamphora ciliata

Vivendo in un ambiente ostile e dfficilissimo da esplorare, in cima ad altipiani spesso accessibili solamente tramite elicotteri, molte specie di Heliamphora devono ancora essere scoperte e classificate. 

La coltivazione è molto difficile, vista la fragilità di queste piante e la loro scarsa adattabilità. Il terrario è obbligatorio per avere dei risultati soddisfacenti, e spesso sono necessari sistemi di raffreddamento per aumentare l'escursione termica che, nei nostri climi, è sempre troppo scarsa.

 

Distribuzione del genere Heliamphora

 

VASI

Il vaso da preferire è un vaso in plastica di colore chiaro o meglio ancora in terracotta (comprato nuovo). Sono piante che amano avere sempre le radici fresche e tollerano male i ristagni, per cui il vaso in terracotta permette di avere una maggiore traspirazione.

 

SUBSTRATO

Il substrato classico per Heliamphora è torba acida di sfagno e perlite in proporzioni 1:1 con sfagno vivo in superficie.

La torba deve avere dei valori precisi:

PH: inferiore a 5

Materia organica: superiore a 90%

azoto: inferiore a 1%

Migliori risultati si hanno se si usa un substrato più vario, come ad esempio 20% torba, 40% sfagno secco reidratato, 40% perlite e vermiculite in tracce. Ovviamente lo strato di sfagno vivo in superficie è necessario per mantenere alta l’umidità e per evitare problemi di muffe o altre malattie.

E’ molto importante che il substrato non crei pericolosi ristagni, poco graditi da queste piante.

 

Heliamphora pulchella, ascidi giovanili

 

ACQUA

L'acqua deve avere un residuo fisso inferiore 50. Va bene l'acqua demineralizzata, l'acqua da osmosi inversa (acquistabile nei negozi di acquari), l'acqua piovana.

La maggior parte delle heliamphore non ama i ristagni e quindi è meglio evitare il sottovaso, e bagnare spesso dall’alto, riempiendo anche gli ascidi di acqua nel caso questa evapori.

Alcune specie come H. folliculata vanno addirittura tenute piuttosto secche, altre come H. minor gradiscono avere sempre il substrato ben umido e non disdegnano avere un paio di centimetri di acqua sul sottovaso, di tanto in tanto.

 

Foro che permette agli ascidi di Heliamphora di non riempirsi eccessivamente 
di acqua durante le piogge

 

RINVASO

Il rinvaso va fatto solo in caso di problemi, come ad esempio torba vecchia e puzzolente, radici che arrivano ad uscire dal fondo del vaso, parassiti o malattie. Il questi casi si deve fare attenzione a non danneggiare le radici e a maneggiarle il meno possibile. Gli ascidi di questa pianta sono molto fragili, quasi come il vetro. Vanno quindi maneggiate sempre con molta cura.

Una cosa importante da sapere è questa: le heliamphore utilizzano i vecchi ascidi secchi come materiale isolante per tenere il rizoma lontano dal substrato troppo umido. Se si rimuovono gli ascidi secchi, l'improvviso cambio di condizioni rischia di causare stress alla pianta o addirittura di far partire qualche malattia fungina. Io personalmente non ripulisco mai le heliamphore dagli ascidi secchi e le lascio crescere "al naturale",  ma se proprio vi infastidisce la vista di foglie morte tagliatele con una forbice ad un livello più alto possibile, ma mai alla base.

 

Heliamphora folliculata, ascidio in crescita

 

TEMPERATURA

Le temperature sono un fattore essenziale per coltivare queste piante: le specie d’alta montagna hanno bisogno di un’elevata escursione termica tra giorno e notte. Ideale è avere 25 gradi di giorno e 10 gradi di notte per tutto l’anno. Per mantenere questi valori è necessario avere un terrario raffreddato, o posizionato in una cantina molto fresca.

Le specie di pianura, o “Gran Sabana” sono più tolleranti alle alte temperature e per loro non è obbligatorio creare uno sbalzo termico tra giorno e notte. Anche gli ibridi sono più resistenti al nostro clima.

 

LUCE

In natura queste piante vivono in pieno sole d'alta quota, per cui è facile immaginare quanto importante sia la luce per la loro crescita.

Purtroppo nei nostri climi soffrono spesso il caldo eccessivo e la scarsa umidità. Tenerle ombreggiate non va bene perchè hanno bisogno della luce solare e quindi il miglior sistema è quello di tenerle in terrario sotto a delle batterie di neon fitostimolanti o faretti alogeni. I neon vanno posizionati anche molto vicini alle piante, fino a 2 cm dall’ascidio più alto. Se la pianta ha poca luce, formerà trappole deformi, verdi e prive di colore, spesso con un’apertura a imbuto molto ampio e sottile. 

E' meglio utilizzarelampade con varie lunghezze d'onda e diversa temperatura di luce, in modo da dare alle piante uno spettro più completo possibile. Per non sbagliare, neon ad alta luminosità e a 10.000°K sono un ottimo compromesso (io uso un mix di ADA NA-LAMP e OSRAM FLUORA).

 Fiore di Heliamphora nutans

 

 RIPRODUZIONE

Data la particolare delicatezza di queste piante, la riproduzione non è semplice da ottenere: la fioritura stressa molto la pianta, e anche tentare l'impollinazione è difficile. Il polline viene rilasciato solo attraverso il contatto con un oggetto vibrante, come le ali di un insetto, e la pianta non è autofertile: avremo quindi bisogno di due piante geneticamente diverse che fioriscono contemporaneamente per poter fare un'impollinazione incrociata. Scambiare polline tramite internet è il sistema migliore per poter trovare un "parthner" alla vostra heliamphora.

Il polline può essere raccolto tramite l'utilizzo di un diapason o un motorino elettrico, utilizzando lo stesso sistema illustrato nella sezione Byblis:

La divisione è un sistema più rapido per riprodurre una heliamphora, ma può causare molto stress alla pianta madre.

Le heliamphore sono piante "d'elite" che solo pochi riescono a coltivare e quelli che le coltivano bene sono ancora meno. In realtà le heliamphore sono piante piuttosto facili e robuste ma per crescere necessitano di condizioni che non tutti possiedono.

Io per esperienza mi sento di dire che un coltivatore che ha delle belle heliamphore non è un bravo coltivatore, è un coltivatore che ha la fortuna di avere l'attrezzatura giusta e il posto giusto per poterle tenere in modo ottimale. Una volta che si è ricreato l'ambiente (e l'unica difficoltà sta solo qui) le heliamphore fanno tutto da sole e l'unica cosa a cui si deve pensare è non dimenticarsi di bagnarle quando è ora di bagnarle.

Un mito che voglio sfatare in questo articolo è la delicatezza radicale di queste piante: si, è vero che le heliamphore sottoposte a un qualsiasi stress radicale (rinvasi, manipolazioni, divisioni) tendono a perdere l'apparato radicale ma è anche vero che se si rispettano alcuni piccoli accorgimenti la pianta riesce a rigenerarsi senza troppi rallentamenti nella crescita. Preferisco rinvasare a fine inverno o inizio primavera perchè secondo me è il periodo migliore per via della maggiore escursione termica che si riesce a ottenere.

Veniamo quindi alla nostra Heliamphora che abbiamo deciso di dividere. Dopo averla svasata bene e dopo averla ripulita da un po' di substrato (sfagno torba perlite e vermiculite in questo caso) possiamo notare che la parte rizomatosa compresa tra le radici e i punti di crescita è molto ma molto lunga. Le radici sono tutte concentrate dove vedete la torba, in basso:

 

La cosa a cui fare più attenzione in questo momento sono proprio i rizomi. Questi stoloni sono molto fragili, un po' come il gesso, e tendono a spezzarsi con molta facilità. E' molto importante dividere la pianta partendo da più in basso possibile, staccando i vari rizomi nella parte in cui sono uniti. In questo modo c'è la speranza che almeno qualche radice rimanga attaccata alla divisione. Se per errore spezziamo un rizoma più in alto, non buttatelo, c'è sempre la possibilità di farlo radicare, poi vedremo come.

Non sempre però, anche mettendosi d'impegno, si riesce a mantenere un minimo di apparato radicale su tutte le divisioni, può succedere che alcune rimangano orfane, come nella prossima foto. Niente panico, non è successo nulla di irreparabile: se il rizoma è sufficientemente lungo, la nostra divisione ha ottime possibilità di sopravvivere.

La cosa che si deve evitare prima di tutto è la disidratazione: prendere quindi un vaso di dimensioni adeguate, usare sfagno morto e perlite come substrato e circondare bene la nostra pianta con abbondante sfagno vivo posizionato in modo tale da ricoprire tutto il rizoma. Così facendo lo sfagno manterrà sempre la pianta umida e terrà lontano muffe e funghi. Giusto per essere sicuri che tutto vada a buon fine, una bella vaporizzata al giorno non farà sicuramente male.

 

Se la pianta non si affloscerà nel giro di un paio di giorni potrà già dirsi fuori pericolo. Se dovesse disidratarsi si potrà accorgersi dal fatto che le foglie giovani o in formazione si rammolliscono e diventano flaccide al tocco. Se questo dovesse succedere le cause più comuni sono:

- la pianta si è staccata con il rizoma troppo corto

- non c'è sufficiente umidità

- il rizoma è troppo esposto

Le soluzioni sono, rispettivamente:

- vaporizzare più spesso e pregare

- vaporizzare più spesso

- aggiungere sfagno vivo

 

Cose da non fare:

-Sconsiglio di utilizzare cellophan perchè favorisce lo sviluppo di malattie fungine

-Mantenere il livello idrico molto basso o si richiano marcescenze, le heliampore non amano i ristagni. Meglio vaporizzare spesso dall'alto ed evitare il sottovaso.